sabato 30 gennaio 2010

COMUNICATO ROSARNO CPS MANTOVA, MILANO, RAVENNA...

Quello che è avvenuto a Rosarno ci rattrista e ci mette rabbia anche se un simile episodio era di facile prevesione. Molti di noi vengono dalla Calabria e comunque dal Sud e conosciamo benissimo le dinamiche delle nostre zone: l'illegalità diffusa, il radicamento della mafia, della 'ndragheta e della camorra, il malaffare politico e il legame che esiste tra politica e malavita organizzata. In fondo, se molti di noi si trovano al Nord, lontano dalla propria terra, è anche per colpa della classe politica meridionale preoccupata più di creare legami con le cosche mafiose che di pensare al bene comune e alle occasioni di lavoro per i giovani.
La rivolta dei migranti non è altro che un atto di ribellione ai soprusi e a questa nuova forma di schiavitù. Non giustifichiamo la violenza ma oggi non possiamo non gridare la nostra indignazione verso quello che è accaduto a Rosarno. La nostra indignazione è rivolta verso le Istituzioni che nulla fanno contro le attività illecite della mafia, prime fra tutte: prostituzione e schiavitù nel settore agricolo. Noi come insegnanti sentiamo sopra di noi un peso e mai come in questo caso ci sentiamo abbandonati nel nostro ruolo educativo; perchè se ancora oggi esistono schiavitù e soprusi, se ancora oggi si verificano situazioni di intolleranza diffusa, vuol dire che la Scuola ben poco è riuscita a fare per creare un clima di legalità e convivenza civile ma anche di cambiamento della cultura malavitosa e mafiosa. Se la Scuola fallisce nella propria opera anche lo Stato fallisce. Fra l'altro, abbiamo già affermato più volte, in passato, che l'idea del ministro Gelmini di inserire nelle scuole medie inferiori "Cittadinanza e Costituzione" come materia di studio è solo un'operazione poco originale e non innovativa perché già esistente sotto altro nome tra le discipline impartite. Questa per noi è solo demagogia, operazione di facciata che non risolve il problema illegalità e intolleranza. Se davvero si vuole puntare sulla Scuola come punto di riferimento della società, come presidio antimafia in alcune zone del Paese e soprattutto come primo luogo dove praticare e favorire l'incontro e la conoscenza tra i popoli, bisogna investirci di più iniziando a invertire rotta sulle politiche dei tagli al personale. Se non si farà ciò, insieme ad altri provvedimenti e leggi sociali, ci troveremo nel giro di pochi mesi di fronte a tante Rosarno. Dobbiamo anche dire che la situazione del Sud non è diversa da quella del Nord. Se il "caporalato", infatti, giù si chiama mafia, 'ndragheta e camorra, al Nord assume nomi e situazioni diverse e a volte a sfruttare e sottopagare sono le multinazionali alimentari. In ogni caso, sempre di sfruttamento si parla. Non facciamo difficoltà a denunciare che nelle nostre classi studiano figli di migranti sfruttati e sottopagati. A questa situazione noi gridiamo la nostra indignazione e questa nostra indignazione si indirizza verso l'atteggiamento buonista, perbenista e razzista della classe politica che siede in parlamento e soprattutto verso la Lega Nord che da un lato è pronta da anni a scagliarsi con cattiveria e razzismo verso i migranti e dall'altra, invece, avalla e tace sul lavoro nero specie quello diffuso nelle regioni settentrionali. Ci sentiamo di porre una domanda a tutta la classe politica. "Come mai non si pongono regole contro il lavoro nero, sfruttato e sottopagato?" Secondo noi non serve un'economista o un sociologo per rispondere. Diciamolo chiaramente: un lavoratore sottopagato e non regolarizzato, conviene a tutti perché abbassa enormemente e mostruosamente il costo della manodopera e nelle regioni del Sud serve a "gonfiare" le casse economiche della malavita organizzata. A farne le spese sono quasi sempre i migranti. Siamo, allora, stanchi di sentire la classe politica parlare di illegalità collegata all'immigrazione clandestina, quando loro sono i primi a favorirla sottacendo e non facendo nulla per eliminare queste situazioni di schiavitù e soprattutto non riconoscendo ai migranti i diritti umani e sociali universali, essenziali e basilari. Ma noi come insegnanti non possiamo continuare a tacere su questa nuova forma di schiavitù che nel nome del libero mercato e della malavita mafiosa imperversa nelle campagne da Nord a Sud. Noi come insegnanti continueremo a non fare discriminazioni nelle nostre classi, andando oltre ogni demogogia, diffondendo anche senza l'aiuto dello Stato, la cultura della legalità, della nonviolenza, dell'incontro tra i popoli e denunciando ogni tipo di sopruso e schiavitù.

16.1.2010

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